C’è un piccolo laboratorio artigianale di icone russe, all’interno del carcere di Fossombrone, nella provincia di Pesaro e Urbino. Dentro quelle immagini d’oro disegnate a mano su tavolette di legno, c’è la voglia di riscatto di tre detenuti e il loro pentimento che risplende. Le storie di tre uomini del sud, tutti ergastolani per essersi macchiati le mani di sangue, si sono incrociate nel Laboratorio “Luce Dentro“ attivato nel carcere di Fossombrone, dove ora quelle mani servono a creare bellissime immagini sacre, davanti le quali pregare e convertirsi. La storia dell’atelier di Fossombrone è stata raccontata su “Il Resto del Carlino” da Tiziana Petrelli. “L’iniziativa si colloca nel pieno solco delle leggi vigenti, che favoriscono il lavoro all’interno e all’esterno degli Istituti previdenziali, con specifica possibilità per i detenuti di esercitare attività artigianali, intellettuali ed artistiche, ed è stata specificamente approvata dal Provveditorato Regionale per l’Emilia Romagna e Marche – spiega Giorgio Magnanelli, presidente dell’associazione “Mondo a Quadretti“ che edita anche il giornalino del carcere –. Nel Laboratorio lavorano attualmente tre detenuti (Giovanni, Damiano e Pasquale) e due volontarie (suor Catherine e Chiara) e il tutto si svolge sotto la straordinaria supervisione e maestria del Maestro iconografo Antonio “Tonino“ Calandriello, un maestro di fama nazionale”.
Allievo del maestro Alexander Stalnov di San Pietroburgo, dove apprende la tecnica per la pittura (o meglio la scrittura) delle icone, Calandriello dal 2002 tiene, come volontario, il corso di iconografia presso la Casa Circondariale bolognese della Dozza, e, da qualche anno, presso la Casa di Reclusione di Fossombrone. “Questo progetto nasce dal fatto che un detenuto – spiega Magnanelli – aveva iniziato a Bologna, con il maestro Calandieriello, un corso di iconografia secondo la scuola russa. Poi è stato trasferito a Fossombrone e qui ha chiesto di poter iniziare questa attività, dicendo di aver acquisito le competenze. Mi ha mostrato qualche icona e a me sono sembrate molto belle. Non solo per l’oggetto in sé, ma per tutto quello che c’è dietro”. Magnanelli racconta che Giovanni, oggi, concepisce la realizzazione di icone come un’esperienza spirituale. “Prima di dipingere, o meglio andare a scrivere l’icona, perché loro dicono che l’icona si scrive – prosegue Magnanelli – fa un’ora di preghiera, digiuna, studia i testi sacri e solo dopo si mette a dipingere. L’esperienza della scrittura iconografica non è quindi solo artistica. Dalla preparazione dei colori, ottenuti utilizzando esclusivamente materiali naturali, alla predisposizione del corpo e dello spirito alla scrittura, per mezzo della meditazione, della preghiera, del digiuno, della riconciliazione e della benedizione, scrivere un’icona è un’esperienza totalizzante: spirituale, esistenziale, umana. Inoltre, in carcere, realizzare un’icona significa recuperare due aspetti di cui la vita carceraria è priva: la libertà e la bellezza”.
Quando l’associazione “Mondo a Quadretti“ ha deciso di investire i suoi soldi nel progetto del detenuto Giovanni, ha coinvolto altri due ergastolani. A distanza di un qualche anno raccontano i risultati di questo progetto, per valorizzarlo e metterlo in mostra. “Secondo me è una cosa da valorizzare anche da un punto di vista commerciale – conclude Magnanelli –. Così ho ideato un logo, abbiamo fatto un certificato di garanzia, abbiamo impostato un catalogo per poter commercializzare queste icone. La produzione è chiaramente limitata perché per farne una ci vogliono 40 giorni. Sono tutti pezzi unici, completamente dipinti a mano su tavole di faggio. Dopo Pasqua faremo una mostra a Fossombrone, ho già contattato l’assessore”.
Nella foto: il dono al Papa di un’icona realizzata nell’atelier del carcere di Fossombrone