Molti storici dell’arte fanno risalire le origini dell’iconografia della Madre di Dio “che dona latte” (in greco Galaktotrophousa) – anche conosciuta con la denominazione più popolare di Madre di Dio “del latte” o “del grembo beato” – agli influssi delle tipologie occidentali sulla sensibilità artistica russa della seconda metà del XVIII secolo. In realtà, secondo la tradizione, tale immagine è assai più antica. La sua storia, infatti, affonda le proprie radici nel Vi secolo, a Gerusalemme, dove l’icona era conservata presso la lavra (monastero) di San Saba detto il Santificato, nei pressi di Gerusalemme. Prima di morire, il Santo predisse ai suoi discepoli che un pellegrino con il suo stesso nome sarebbe un giorno arrivato presso il monastero e che a lui, in segno di benedizione, la venerata immagine avrebbe dovuto essere consegnata. Nel XIII secolo, dunque, Saba di Serbia, arcivescovo e futuro Santo, si recò in visita alla lavra. Appena si avvicinò al reliquiario di San Saba, il bastone del monaco cadde ai suoi piedi. I presenti rimasero sbigottiti di fronte a quell’episodio e chiesero al nuovo venuto di dire il suo nome. Quando questi l’ebbe pronunciato, essi si resero conto che l’antica profezia si stava realizzando. L’icona venne quindi consegnata a Saba di Serbia il quale la trasportò sul Monte Athos per collocarla accanto all’iconostasi nella chiesa dedicata allo stesso San Saba. Qui l’immagine venne ribattezzata Typiconissa in quanto in quegli stessi luoghi è conservata la Regola (Typicon) di San Saba.
E’ giusto sottolineare che la tipologia iconografica della Madre di Dio “che dona latte” fu, soprattutto nei primi secoli, avversata da alcune frange della Chiesa, soprattutto dai “monofisiti” secondo i quali la natura umana di Cristo era, in qualche modo, “assorbita”, e dunque ridimensionata, da quella divina. In realtà l’icona costituisce una risposta concreta a tale obiezione, visto che raffigura Gesù nella più umana delle posizioni: quella, cioè, del bimbo che riceve latte dalla madre. Per tale ragione, nonostante qualche ostilità, l’immagine ha avuto una graduale diffusione in ambito ortodosso: ovviamente la postura della Vergine appare stilizzata e quasi “pudica” rispetto alla realtà, proprio perché la simbologia dell’icona è di carattere teologico e non meramente terreno. Essa, in sostanza, ricorda ai credenti che l’amore di Dio non è astratto, ma ha la concretezza della carne, di Cristo che si è fatto uomo per ciascuno di noi. La festa dell’icona è fissata dal calendario della Chiesa per il 3 luglio; un’altra data dedicata a tale immagine è quella del 12 gennaio.