Descrizione
Il profeta Elia godeva di particolare venerazione nel mondo contadino russo, dov’era
invocato come difensore della retta fede, sia nel passato contro i profeti di Baal, sia
nell’avvenire contro l’anticristo: proprio per questo, si riteneva, venne rapito da vivo
al cielo; inoltre veniva pregato come asceta, eremita e veggente che aveva potuto udire la
voce di Dio nel soffio leggero della brezza (cfr. anche Cat. 4). A questi due aspetti se ne
aggiungeva anche un terzo: la figura del profeta Elia, descritta attraverso i testi dell’Antico
Testamento e vari apocrifi, era legata in terra russa anche a credenze precristiane
proprie dei popoli slavi, che lo dipingevano come possente e severo signore del tuono,
che comandava agli elementi naturali, e insieme misericordioso «donatore della pioggia»
e «donatore dei frutti della terra» (a questa sua fama contribuiva la coincidenza fra la
memoria del profeta, il 20 luglio, e l’epoca dei raccolti).
In questo culto si inserisce a meraviglia l’episodio conclusivo della vicenda di Elia, il racconto
della sua ascensione al cielo su un carro di fuoco (2 Re 2,1-12), le cui illustrazioni
erano straordinariamente diffuse nella pittura russa di icone. L’iconografia solitamente
rappresenta i momenti salienti del racconto, tra cui l’attraversamento del Giordano del
profeta insieme ad Eliseo e la consegna a quest’ultimo del suo mantello. La variante più
ampia, a cui appartiene l’icona in esame, comprendeva anche altri episodi, in questo caso
la raffigurazione di Elia che dorme «sotto una ginestra», e dell’angelo che gli appare per
dargli da mangiare e rinfrancarlo (1 Re 19,5-7), come pure di Elia nella caverna, mentre
ode la voce del Signore (1 Re 19,9-8). Entrambi i soggetti sono legati al momento in cui
Elia, dopo aver sterminato i profeti pagani, per sottrarsi all’ira di Gezabele fugge nel deserto,
dove il Signore gli indicherà ancora una volta la sua volontà.
Il disegno sommario e schematico dei volti, con i caratteristici trattini di biacca che duplicano
le linee di contorno, è abbastanza lontano dal disegno esperto, anche se un po’
meccanico, delle icone di Vyg. Presentano una certa somiglianza con esso solo il disegno
delle colline, minuto, stilizzato e quasi ornamentale, e il caratteristico accostamento di
blu scuro e rosso freddo. L’icona potrebbe essere opera di un artista piuttosto mediocre di
Vyg, oppure di un iconografo contadino della Regione dell’Onega, che conosceva le opere
dell’eremo di Vyg e cercava, nella misura del possibile, di riprodurne i procedimenti.