Descrizione
Il canone iconografico della Madonna “dalle tre mani” è strettamente legato alla figura del grande teologo S. Giovanni Damasceno che, com’è noto, all’epoca delle lotte iconoclaste fu uno strenuo difensore del culto delle immagini sacre. Narra la leggenda che in seguito ad una calunnia dell’imperatore iconoclasta Leone III Isaurico (717 – 740), Giovanni entrò in conflitto con il governatore di Damasco, di cui era funzionario e presso il quale godeva di grande stima. Accusato di alto tradimento, egli fu condannato alla recisione di una mano, che dopo l’esecuzione della sentenza venne esposta sulla piazza della città. Secondo la tradizione, la sera del giorno del supplizio Giovanni si fece portare la mano amputata da amici compiacenti, l’applicò al braccio mutilato e pregò davanti all’icona della Madonna, affinché l’arto gli fosse restituito. Dopo lunghe suppliche, si addormentò; in sogno ebbe una visione in cui la Madonna gli prometteva la guarigione affinché egli potesse continuare ad usare quella mano nella sua instancabile opera in difesa della fede. Al risveglio egli vide che l’arto era miracolosamente ricongiunto al braccio. Quando fu riconosciuta l’innocenza del santo, il governatore di Damasco cercò di riattirarlo a sé; ma egli rifiutò ogni carica terrena, prese con sé l’icona e si ritirò nel monastero di S. Saba, nel deserto di Palestina a est di Betlemme. Qui l’icona rimase fino all’inizio del XVIII secolo, quando fu donata a S. Saba, figlio dell’imperatore serbo Stefano e arcivescovo della chiesa serba. Trasportata in Serbia, vi restò per più di un secolo, fino a quando il paese fu attaccato dai turchi; fu allora posta sul dorso di un asino che la portò senza alcuna guida , fino al monastero greco di Chilandari, sul Monte Athos. Qui l’icona fu accolta solennemente dai monaci , che la collocarono sull’iconostasi della cattedrale. La storia della miracolosa icona ha un suggestivo epilogo proprio in questo celebre monastero, di cui divenne la più preziosa reliquia. Secondo la leggenda , infatti, poco tempo dopo nella comunità sorsero dei conflitti per la nomina del nuovo igumeno. In quei giorni l’icona della Madonna “dalle tre mani” si spostò miracolosamente per tre volte dall’iconostasi al seggio del superiore del convento. Uno dei monaci ebbe infine una visione: la Madonna gli rivelò che per proteggere il monastero dalle discordie, essa stessa lo avrebbe guidato. Da allora la Vergine è considerata la superiora del monastero di Chilandari dove non venne eletto più nessun igumeno. Sull’origine di questa immagine mariana esiste anche un’altra versione: un monaco, narra infatti la leggenda, apprestandosi a dipingere un’icona della Madre di Dio, ne tracciò con il gesso il contorno sulla tavola; uscì quindi dalla cella e, rientratovi, vide il disegno di una terza mano. Pensando a una beffa da parte dei confratelli, adirato la cancellò, ma durante la notte la terza mano riapparve. L’episodio si ripeté per ben tre volte, finché il monaco non udì la voce della Madonna che gli ordinava di rispettare la sua volontà e non cancellare più la terza mano. Il monaco dipinse allora la Madonna “dalle tre mani”.
ICONOGRAFIA: La Madonna “dalle tre mani” rientra nella nutrita schiera di immagini mariane che nel XVII secolo l’iconografia russa assimilò da quella greco-orientale, e in particolare dal Monte Athos. Sotto l’aspetto compositivo, l’immagine riprende lo schema dell’Odigitria in una variante speculare: la Vergine infatti sorregge il bambino con la destra, e non con la sinistra. Il particolare che definisce la tipologia di questo modulo mariano – la terza mano – si realizza diversamente nelle varie copie. Talvolta infatti, rapportandosi alla leggenda di S. Giovanni Damasceno, gli iconografi dipingevano la terza mano in oro o in argento, oppure applicavano direttamente alla tavola una mano in metallo prezioso, come un autentico ex-voto. Ma spesso, soprattutto dal XVIII secolo, appaiono immagini legate alla seconda leggenda, in cui la mano viene dipinta realisticamente, come appartenente alla Madonna. Ai margini dell’icona, in medaglioni circondati da una vegetazione rampicante sul bordo superiore, appare la Deesis: al centro Cristo, ai suoi lati, secondo la tradizione, la Madre di Dio e Giovanni Battista, gli arcangeli Michele e Gabriele. Sui bordi laterali, in coppia sempre partendo sa sinistra: i santi Pietro e Paolo, più sotto Basilio il Grande e Gregorio di Nazianzo, Giovanni Crisostomo e san Nicola ( due coppie di santi vescovi); ancora più sotto san Giorgio e san Demetrio (guerrieri – martiri). Infine, sul bordo inferiore, al centro troviamo la raffigurazione dell’angelo custode con la croce a otto punte; ai Iati, san Giovanni evangelista e l’apostolo Andrea, «il primo chiamato», e i santi Zosima e Sawatij, fondatori del monastero delle Solovki.