Descrizione
Accanto alla Trinità dell’Antico Testamento, troviamo nell’iconografia russa anche un altro modulo di rappresentazione del mistero trinitario, assai meno fecondo e sentito, ma testimoniante la ricettività e l’apertura degli artisti russi. D’altronde, proprio nella contrapposizione della Trinità veterotestamentaria a questo soggetto – in cui il Padre e il Figlio sono presentati non sotto spoglie angeliche, ma con personaggi antropomorfi di diversa età, secondo un modello più vicino alla sensibilità occidentale – si estrinseca la genialità della soluzione squisitamente russa del tema, e dell’icona di Rublev in particolare. Al proposito è necessario ricordare come la questione dell’accettabilità di una raffigurazione di Dio-Padre sotto spoglie antropomorfe fosse sempre stata in Russia oggetto di vive polemiche; in particolare, l’aveva sollevata alla metà del XV secolo il diacono Viskovatyj, e un secolo dopo il Concilio del 1667 aveva categoricamente negato l’ammissibilità ditale raffigurazione. Ciò nonostante, il tema viene recepito dall’antica arte russa e si realizza precipuamente nel soggetto della Trinità del Nuovo Testamento (Novozavetnaja Troica) che, presente in Russia fin dal XII secolo, si diffonde, sotto l’influsso occidentale, soprattutto nel XV, quando penetra in Russia attraverso Novgorod e Pskov per svilupparsi raccogliendo le istanze di diversi moduli compositivi. Un primo schema, di origine bizantina, presenta una solenne immagine “secondo l’ordine di Melchisedec”: il Dio Creatore, severo vegliardo, regge davanti a sé il Figlio, sul quale è disceso lo Spirito sotto forma di colomba. Un secondo modello è mutuato dalla pittura bizantina attraverso il filtro dell’arte delle regioni meridionali dell’Italia: il Dio Creatore, con la mitra, i paramenti vescovili e il nimbo stellato incluso in una raggera circolare, regge dinanzi a sé la croce con il Dio-Uomo crocifisso. Una terza variante presenta il Dio di Sabaot e Gesù Cristo assisi su un ampio trono; sopra al Figlio si libra la colomba dello Spirito; la composizione è racchiusa dal cerchio dei cieli, inscritto in una stella. Infine, una quarta redazione del tema, da rapportare alla complessa produzione simbolico-scolastica del tardo Quattrocento, presenta un’immagine di estrema elaboratezza, dal contenuto squisitamente teologico-liturgico, infarcito di retorica; la composizione raccoglie i quattro evangelisti, il Creatore in paramenti vescovili, il cerchio con lo Spirito, il Bambino nella patena, angeli ed erudite scritte esplicative. Benché l’iconografia russa recepisca tutti questi schemi, le opere di maggior interesse riflettono la prima delle varianti descritte (da cui deriva la denominazione co¬mune di Otecstvo, Faternitas) che pure, soprattutto in celebri icone di Novgorod, viene rielaborata con dettagli originali. In generale, dal XVI secolo Dio-Padre ha il capo circondato dal nimbo stellato (a otto punte) e, al posto dell’antico “Padre (Otee o Vetchij dnemi), la scritta recita “Dio di Sabaot” (Savaof). Alla base del trono troviamo di norma le ruote di fuoco, con occhi e ali, che rappresentano l’ordine angelico dei Troni. Nell’iconografia russa l’immagine del Dio di Sabaot ricorre, in composizioni molto vicine a quelle della Trinità del Nuovo Testamento, anche in soggetti di carattere simbolico-didascalico; fra tutti ricordiamo l’icona denominata Il simbolo della fede (Simvol very), che illustra il testo del Credo con una serie di scene disposte in sei file orizzontali; la prima si riferisce ai passi iniziali e mostra il Dio di Sabaot, quindi il Dio di Sabaot con Cristo bambino sul seno, e infine Cristo con il Vangelo chiuso, sempre accompagnati dai nove ordini angelici.
Il soggetto della Trinità del Nuovo Testamento vuole trovare una soluzione visiva al concetto della consustanzialità e dell’uguaglianza delle tre persone trinitarie. Il linguaggio pittorico tende ad assolvere a questo compito creando composizioni informate alla solenne ieraticità delle figure, alla loro rigida, frontalità a una severità dell’insieme che si propone di porre dinanzi allo spettatore il nucleo dogmatico del mistero. All’intento partecipa anche lo sfondo architettonico, sempre dominato dalla grande mole del trono che con la sua ponderosità impone la presenza delle figure e sottolinea la convenzionalità dell’insieme.