Descrizione
Secondo la leggenda e i successivi ampliamenti, fin dalla concezione Giorgio è predestinato a grandi cose. Il luogo della nascita non è certo, e viene fissato ora in Cappadocia, ora a Lydda (Dispoli), in Palestina, dove era venerato il suo sepolcro. La sua nascita porta grande gioia ai genitori Geronzio, persiano, e Policronia, cappadoce, che lo educano religiosamente fino al momento in cui entra nel servizio militare. Il martirio avviene sotto Daciano, imperatore dei persiani; ma, in seguito, molte recensioni sostituiscono a questa figura quella dell’imperatore romano Diocleziano. La tradizione più diffusa vuole che il giovane, arruolatosi, rivelasse intelligenza, forza e coraggio, entrando nel novero dei favoriti dell’imperatore. Quando questi convoca settantadue re per decidere le misure da prendere contro i cristiani, l’ufficiale delle milizie Giorgio di Cappadocia distribuisce i beni ai poveri e, davanti alla corte, si professa cristiano. Egli non cede agli insistenti tentativi per convincerlo ad apostolare, e inizia così il lungo martirio avvenuto, secondo la tradizione, a Nicodemia attorno all’anno 303.
Giorgio viene fustigato, immerso nella calce viva, in olio e resina bollenti; gettato in carcere, vi ha una visione del Signore. Trionfa sul mago Atanasio, che si converte e muore martire; tagliato in due da una ruota, risuscita e converte i suoi carnefici, che vengono uccisi; si converte anche l’imperatrice Alessandra, pure martirizzata. Infine, prima di essere decapitato, chiede a Dio che l’imperatore e i settantadue re siano inceneriti; esaudita la sua preghiera, si lascia decapitare promettendo protezione a chi onorerà le sue reliquie. Il culto del martire, vivo fin dal V secolo, inizialmente è limitato alle terre che la tradizione legava alla sua esistenza storica: la Cappadocia, Nicodemia e Lydda. La sua diffusione abbraccia quindi l’intera cristianità: l’Oriente dove è tributato senza interruzioni, e l’Occidente, che lo riflette con varia fortuna nei diversi momenti storici: affievolitosi con le invasioni musulmane, che avevano interrotto il flusso di pellegrinaggi verso Oriente, raggiunge l’apice all’epoca delle crociate, e in particolare nel 1089, quando si attribuisce all’assistenza del santo la salvezza dei crociati che stavano per essere sconfitti dai saraceni ad Antiochia.
Le leggende agiografiche e moraleggianti ispirarono la poesia religiosa e i canti popolari, creando attorno al martire una letteratura vastissima. Il coraggio nella professione della fede, la tutela generosa della giovane indifesa, l’uccisione del drago che mieteva vittime umane furono i motivi base dell’esaltazione dell’eroica figura, che è al tempo stesso indomito combattente, predicatore e cavalleresco difensore dei deboli. Con il suo martirio, Giorgio entra nella schiera dei santi martiri soldati (come Demetrio, di Tessalonica, Teodoro Stratilate, Teodoro di Tiro) che, dopo il riconoscimento del cristianesimo quale religione dell’impero, divennero i protettori militanti della Chiesa, i guerrieri ideali, benché avessero manifestato il loro eroismo non tanto sul campo di battaglia, quanto di fronte ai carnefici. Il culto di San Giorgio era penetrato in Russia all’inizio del secondo millennio, durante il regno di Jaroslav Vladimirovic, detto il saggio, figlio del grande principe di Kiev Vladimir, che aveva assunto con il battesimo il nome di Georgij. Il fatto aveva senza dubbio contribuito alla diffusione del culto: a quell’epoca risale probabilmente la prima versione russa della Vita di San Giorgio. Nelle prime raffigurazioni russe la figura esalta soprattutto i tratti del predicatore e del martire, e forse questa ricezione contribuì a farne il protettore dei principi, portatori in Russia della nuova fede. Tuttavia il culto di San Giorgio in Russia non si limita al patronato sui principi e alla difesa militante della Chiesa. Ancor più che a Bisanzio, sulla sua figura presero ben presto a coagularsi i motivi popolari del valoroso eroe, del glorioso e intrepido combattente per la libertà, che ne fecero un eroe prediletto dell’arte popolare.
Il processo – favorito dall’interagire di folclore, letteratura e arte – portò in Russia al prevalere dell’immagine dell’eroe vittorioso su quella del predicatore e del martire; ed estese il suo patronato all’intera terra russa, conferendogli il ruolo di protettore dell’agricoltura e dell’allevamento. Se le radici del culto di San Giorgio sono nell’antichissimo motivo della lotta fra le forze del bene e del male, radicato nella mitologia e nelle religioni pagane, nella religiosità russa era particolarmente viva l’immagine del santo vittorioso sul serpente ( sul drago), personificazione del male, delle barbarie, delle inciviltà: trai santi ”vittoriosi sul drago”, Giorgio era senza dubbio la figura più emblematica e rappresentativa. Santo cristiano e insieme erede di dei e eroi pagani, egli schiaccia con il suo destriero il paganesimo sconfitto, ma anche le forze oscure della natura.
Per il popolo russo San Giorgio diviene così Egorij: non solo guerriero ardito, ma eroe-semidio che estende la sua protezione all’intera terra russa, dopo avervi portato la parola di Dio e organizzato la vita dell’uomo. Il culto del martire come protettore del bestiame si intreccia a quello del santo guerriero attraverso il motivo del particolare legame con i cavalli: nel miracolo del drago egli è “il cavaliere” per eccellenza e quasi per antonomasia. Nella letteratura agiografica tale aspetto del culto si concretizza nei miracoli, e in particolare nel prodigio con cui il santo risuscita l’unico toro di un fattore pagano, convertitosi quindi al cristianesimo. Nelle campagne russe il giorno della sua festa (23 Aprile) si portavano, per la prima volta dopo l’inverno le bestie al pascolo. Secondo le credenze popolari lo stesso San Giorgio attraversava in questo giorno i campi in groppa al suo bianco cavallo, difendeva le bestie dalle fiere, soprattutto dai lupi, aiutava e sorvegliava i pastori. Ma il santo era anche il protettore dei campi e di tutte le messi, e il “giorno di Jurj” era anche una grande festa agricola – la vittoria sull’inverno, il momento in cui il sole inizia trionfante la sua ascesa verso l’estate. E’ la festa dell’incipiente rigoglio, del diffondersi dei profumi della terra, della nascita dei suoi frutti, della crescita di piante e animali.
ICONOGRAFIA: L’ obrazok presenta una variante abbreviata del “ Miracolo di San Giorgio e il drago”, che si diffuse particolarmente nell’arte russa del XVI- XVII secolo. La scena centrale raffigura il più celebre episodio della vita di San Giorgio: il santo atterra il dragone liberando così la Principessa Elisaba dalla morte, per restituirla alla sua città e al suo popolo. Nell’angolo alto a destra in un segmento doppio del cielo è raffigurata la mano destra benedicente del Signore. Nelle ante sono raffigurati: sulla sinistra “La Presentazione di Cristo al tempio” e “L’ Ingresso a Gerusalemme” (le scene “si leggono” dal basso verso l’alto), sulla destra “La Resurrezione – Discesa agli Inferi” e “L’Assunzione” (le scene “si leggono” dall’alto verso il basso). In alto nella cimasa della parte centrale è raffigurato il Mandylion.